AB OVO

















































fotografia © giancarlo baravalle
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Erano gli anni della resistenza, quelli tra il 43 ed il 45, i più difficili di una guerra che aveva messo in ginocchio il mondo intero. Nel carcere Le Nuove di Torino, nel braccio femminile, in una fredda notte di inverno, suor Giuseppina faceva bollire l’unico bene di conforto rimasto, un uovo, per venire incontro ai morsi della fame delle detenute. Su questo guscio fumante, unico e da dividersi per quante erano le prigioniere, si congestiona la fascinazione del gruppo di creativi ed è come se, nel freddo e vuoto buio della cella affidata loro come spazio espositivo, in quel grembo di matrigna severa, fatta di mobilio ferroso e lenzuola ruvide, quella storia riverberasse in centinaia di eco, attivando un gioco di rimandi e corrispondenze che portano lontano da lì, fino ad arrivare alla calda libertà della semplicità archetipica ( ab ovo) di cui il cibo di quella notte fu, ed è portatore. L’uovo è simbolicamente il contenitore dell’anima imprigionata, la potenzialità fissata ad un fotogramma prima che si attui, l’immagine di una polarizzazione da cui si emergono in stato di equilibrio le dicotomie della quiete e del moto, del dentro e del fuori. In questo senso il simbolo dell'uovo cosmico è analogo a quello della caverna, il luogo a cui si accede dopo una prima morte con una seconda nascita, quella che riguarda la sfera psichica e quindi quella più strettamente individuale, intima. Un universo amniotico che separa lo spazio pubblico da quello privato per permettere al tempo di gestazione di fare il suo corso e lasciare che ciò che era solo potenza prenda forma. 4000 uova distribuite sul pavimento della cella 16 fermano il visitatore sull’uscio attuando psicologicamente un rovesciamento di ruoli, da un luogo di segregazione da cui era proibito uscire ad uno spazio interiore, a cui non si accede volontariamente, per non intaccarne la fragilità, per non perturbare la silenziosa magia dell’attesa, per non intromettersi in quella perfezione di ellissi eburnee così vicine al mistero del femminino ed alla sua capacità di generare mondi e solitudini perfette. Il velo di luce rossa che avvolge l’istallazione, oltre a caricare di erotismo quanto sopra descritto e ad amplificare le distanze con l’esterno, apre corrispondenze con i significati di attesa e speranza di un mondo nuovo (Le uova che Maria Maddalena portava con se il giorno che avvertì i discepoli del fatto che il sepolcro di cristo fosse vuoto si colorarono di un rosso intenso quando Pietro proferì le seguenti parole "Crederò a quello che dici solo se le uova contenute in quel cestello diverranno rosse.") e con l’azione di allontanamento degli istinti distruttivi (tra i romani, ad esempio, Plinio testimonia il costume di seppellire nei campi o nelle case in costruzione uova dipinte di rosso, per tenere lontani gli influssi malefici e propiziarsi un buon raccolto. Solo le spose potevano passarvici sopra prima di entrare nella loro nuova casa). Nell’istallazione di MIGMA e UNDECIMO design le aporie si dissolvono; lo spettatore è posto in una dimensione contemplativa. Origine di tutte le cose, l'uovo cosmico genera dicotomie quali prigionia e libertà, spazio intimo e spazio pubblico, non come opposti, bensì come complementari.
Enrico Ascoli